Quando si parla del Polo Universitario Jonico,
soprattutto in periodi come questo caratterizzato da un
ridimensionamento dell’offerta formativa dettato del Decreto Profumo, si
ripresenta la rivendicazione di una università autonoma tarantina.
In sostanza l’idea comune è che con “L’Università degli Studi di
Taranto” avremmo tutti i corsi di laurea che vogliamo, tutti i
finanziamenti necessari, ed il raddoppiamento degli iscritti.
Bisogna però fare i conti con la realtà politica
ed economica in cui ci troviamo, perché le scelte fatte dai vari
Governi hanno degli effetti diretti su tutto il territorio nazionale,
Taranto compresa. Ora come ora il Polo Jonico non può diventare
autonomo, per il semplice fatto che non vi sono le condizioni. A causa dei tagli della l.133/2008 e della Riforma Gelmini, non è possibile costituire nuovi atenei.
La l.133/2008 ha drasticamente ridotto i fondi per l’Università pubblica
(taglio di 1,5 miliardi di euro spalmati tra 2009-2013), questo
significa avere meno fondi per: didattica, laboratori, servizi per
studenti ecc, ed ha imposto il blocco del turn over (cioè vengono
assunti meno docenti rispetto a quelli licenziati). La Riforma Gelmini ha cambiato l’assetto organizzativo, e nei relativi decreti attuativi firmati dal Ministro Profumo, si impongono parametri più stringenti (in termini di numero di docenti necessari) per poter attivare i corsi di laurea. Non è per niente contemplata la possibilità di costituire nuovi Atenei.
Ragionando per assurdo, supponiamo che si possa costituire un nuovo Ateneo con sede a Taranto,
ci vorrebbe un ingente numero di docenti/ricercatori per mantenere
l’offerta formativa attuale e attivare nuovi corsi di laurea, dove sono
questi docenti?
L’Università Pubblica non può assumerli
(a causa del blocco del turn over), e di certo chi insegna a Bari o
Lecce non lascia un Ateneo dove ha tutti gli strumenti per fare ricerca e
dove c’è una maggiore possibilità di esercitare la docenza
(considerando il numero di studenti iscritti).
Ragionando sempre per assurdo, supponiamo che a Taranto ci siano tutti i docenti necessari e si possano mantenere i corsi di laurea attuali costituendo un nuovo Ateneo, ci sarebbe davvero una “qualità della didattica”, un aumento dei fondi e dei servizi?
La risposta è no.
Questo perché i fondi vengono ripartiti anche in base al numero degli
iscritti, della qualità della ricerca ecc… quindi a livello di risorse,
probabilmente non ce ne sarebbero molte di più di quelle che ci sono
ora.
Riguardo i corsi di laurea, rimarrebbero quelli “fotocopia” di quelli di Bari/Lecce.
Questo perché ogni Ateneo cerca di “attrarre” il maggior numero di
studenti istituendo dei corsi di laurea di base abbastanza generici
(come è stato fatto a Taranto fino ad oggi) per evitare che lo studente
vada altrove. Quindi abbiamo una situazione in cui vi sono corsi di
laurea nei quali viene insegnato “un po’ di tutto”, ma dove non si danno
allo studente delle competenze specifiche (e dunque nella maggior parte
dei casi poi si è costretti ad iscriversi ad esempio a corsi o master
di specializzazione).
Ora cerchiamo di ragionare in modo più realistico, considerando il fatto che costituire un nuovo Ateneo non è possibile, e cerchiamo di ampliare l’ambito che stiamo analizzando. Invece di pensare per singole città, guardiamo all’offerta formativa complessiva regionale.
Ci sono corsi di laurea molto simili (se
non identici) in città che si trovano a 100km l’una dall’altra. In
questa situazione uno studente che ha la possibilità economica di poter
studiare fuori, a parità di offerta formativa e di tasse, sceglie la
sede universitaria che gli offre più servizi. Questo è il motivo per cui
da Taranto fuggono diversi studenti che, ad esempio, potrebbero
studiare informatica o giurisprudenza qui. Non perché i docenti non
siano competenti (la maggior parte sono gli stessi di Bari) ma perché ci
sono strutture universitarie (Bari o Lecce) dove, pagando le stesse
tasse che si pagano qui, è possibile avere a disposizione strutture e
servizi migliori.
Questo è un aspetto molto importante. Si parla solo di didattica ma l’Università è fatta anche di altro,
e per evitare che si riduca ad un “esamificio” si deve far in modo che
venga “vissuta” dagli studenti. Per la maggior parte degli studenti
tarantini l’Università è vista come la prosecuzione della scuola
superiore: ci si reca all’università solo per seguire le lezioni e fare
gli esami, pochi sono quelli che rimangono nelle facoltà tutto il
giorno, o si recano li appositamente per studiare insieme ai propri
colleghi. In periodi durante i quali non vi sono lezioni alcune
strutture sono semideserte.
Insomma per fare di Taranto una città
universitaria (al pari di bari/Lecce) dovrebbero essere creati una serie
di servizi: sale studio, miglioramento delle condizioni della
biblioteca Acclavio, mense, miglioramento del trasporto pubblico,
alloggi per gli studenti fuori sede.
Il problema è che un qualsiasi ente
pubblico non è disposto ad investire in qualcosa che sa che non verrà
sfruttato dagli studenti.
Ora come ora, l’unico modo che Taranto ha per attrarre studenti è differenziare l’offerta formativa,
creando corsi di laurea differenti da quelli di Bari/Lecce e legati e
al territorio, ma che creino figure professionali riconosciute su tutto
il livello nazionale.
E questo non si ottiene con l’autonomia (per le ragioni spiegate prima) ma ragionando in un’ottica regionale, e realizzando quella che è definita come una “Federazione di Atenei” (in Puglia su questo c’è già un progetto, anche se i tempi per la realizzazione sono molto lunghi.
In questo modo i diversi Atenei Pugliesi si comporterebbero come
diverse sedi della stessa Università, significa che non ci sarebbero dei
corsi “fotocopia” in sedi che distano una a 100Km dall’altra, ma ogni
territorio avrebbe la possibilità di realizzare dei corsi di laurea
differenti da quelli delle altre sedi, avendo la garanzia che lo stesso
corso non venga attivato nelle altre sedi federate, e dunque gli
studenti interessati a quel determinato corso si “spostano” in una
determinata sede universitaria della regione.
In questo modo si crea la qualità della didattica, e si attraggono studenti da ogni parte della Puglia e regioni limitrofe(es.
Calabria e Basilicata). Avere più studenti fuori sede o pendolari
contribuirebbe anche a risollevare l’economia di questa città, perché
gli studenti fuori sede spenderebbero i loro soldi qui. Per non parlare
del fatto che verrebbe limitata la “fuga” di molti studenti (Tarantini
compresi) verso gli Atenei del nord, in quanto si avrebbe un’offerta
formativa regionale più ampia rispetto a quella attuale.
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