A
Marzo sono stati stanziati i tanto attesi fondi del MIUR per
l’integrazione delle graduatorie ADISU riguardanti l’assegnazione delle
borse di studio; purtroppo però le speranze di alcuni studenti di poter
essere “ripescati” sono svanite nel nulla. Infatti degli 826 aventi
diritto (cioè coloro che per ragioni di reddito e di merito possono aver
accesso a una borsa di studio) soltanto 419 sono risultati borsisti,
appena il 51%. Il restante 49% degli idonei dovrà accontentarsi di
un’esenzione dal pagamento delle tasse universitarie e, per quest’anno,
dovrà rinunciare definitivamente a percepire una borsa di studio che
dovrebbe spettare di diritto ma, di fatto, non viene erogata per
mancanza di fondi.
Questa è una conseguenza diretta del taglio al fondo statale per il finanziamento del Diritto allo Studio Universitario, passato dai 249 milioni di euro del 2009 ai 175 milioni del 2011 (in realtà il fondo del 2011 avrebbe dovuto essere inferiore a causa di una serie di tagli contenuti nella finanziaria del 2010, ma tali fondi sono stati parzialmente reintegrati, grazie soprattutto alle mobilitazioni studentesche degli ultimi anni); nell’anno accademico 2009/2010 – quando ancora il fondo non era stato dimezzato – la copertura delle borse di studio a Taranto era del 75%.
Questa è una conseguenza diretta del taglio al fondo statale per il finanziamento del Diritto allo Studio Universitario, passato dai 249 milioni di euro del 2009 ai 175 milioni del 2011 (in realtà il fondo del 2011 avrebbe dovuto essere inferiore a causa di una serie di tagli contenuti nella finanziaria del 2010, ma tali fondi sono stati parzialmente reintegrati, grazie soprattutto alle mobilitazioni studentesche degli ultimi anni); nell’anno accademico 2009/2010 – quando ancora il fondo non era stato dimezzato – la copertura delle borse di studio a Taranto era del 75%.
I
dati oggettivi dimostrano che l’attuale sistema di diritto allo studio e
il relativo fondo non sono idonei a garantire le disposizioni dell’art.
34 della Cost. – “I
capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di
raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo
questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre
provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. -
La situazione che si riscontra nel Polo Universitario Ionico infatti
(diminuzione dei borsisti e dei servizi per gli studenti) è la stessa
che si presenta in tutte le altre realtà universitarie, anche in quelle
regioni che fino all’anno scorso riuscivano a garantire una copertura
del 100% delle borse di studio e che quest’anno hanno dovuto introdurre
nelle loro graduatorie la categoria degli studenti “idonei non
vincitori”.
L’ex
Ministro Gelmini non ha mai avuto l’intenzione di finanziare il Diritto
allo Studio e ciò lo si può desumere da una formula molto utilizzata
nella legge n. 240/2010: “senza oneri aggiuntivi per la finanza
pubblica”. Si è preferito optare per altri mezzi, come ad esempio quello
di istituire il c.d. “fondo per il merito”, destinato ad erogare
prestiti d’onore a studenti scelti senza alcun requisito di reddito –
prestiti che gli studenti dovranno restituire al termine degli studi,
con il solo risultato che i meno abbienti si troveranno indebitati con
una banca ancor prima di iniziare a lavorare.
Il
problema alla base è che l’attuale Ministro Profumo non ha accennato
nessuna inversione di tendenza rispetto all’ex Ministro Gelmini, tant’è
che si stanno via via formando i vari decreti di attuazione della sua
riforma, come il decreto 436 dove viene regolata la definizione dei LEP
(Livelli Essenziali minimi delle Prestazioni da garantire – borse di
studio, trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla
cultura, alloggi ). Se da un lato questo può essere ritenuto un passo in
avanti importante verso la definizione di nuovi e migliori criteri per
l’assegnazione delle borse e la determinazione dei servizi agli
studenti, dall’altro mancano delle specificazioni importanti; nel
decreto infatti non si chiariscono gli importi delle borse di studio né i
requisiti d’acceso ai bandi. Questo significa che potrebbe essere
creato un sistema con livelli più bassi di ISEEU per l’accesso ai LEP e
innalzamento dei requisiti di merito.
Questo
decreto prevede inoltre l’innalzamento della tassa ADISU, che oggi
ammonta in media a 93,50€ (77,47€ in Puglia), fino a 160 euro (varierà
in base all’ISEEU); viene inoltre concessa la possibilità alle regioni
di alzare la tassa fino ad un massimo di 200€. In questo modo quindi si
potrebbe verificare la paradossale situazione in cui saranno gli
studenti a finanziare, nella maggior parte, un diritto che dovrebbe
essere costituzionalmente garantito, ovvero il diritto allo studio.
Oltre
al danno c’è la beffa. In un altro decreto, il 437, vengono regolati i
meccanismi di reclutamento: gli Atenei che necessitano di assumere nuovo
personale potranno farlo solo aumentando l’importo delle tasse degli
studenti.
C’è
quindi una situazione particolare, in cui il diritto allo studio viene
sempre più svilito e finanziato dagli studenti stessi (anziché dallo
Stato); e, come se non bastasse, si impone agli Atenei che vogliono ad
esempio migliorare la propria didattica attraverso nuove assunzioni
l’innalzamento delle tasse degli studenti, con la conseguenza che
l’Università Pubblica potrebbe diventare un “lusso” per pochi.
Ciò
che potrebbe peggiorare ulteriormente questo quadro è l’introduzione
del principio del pareggio di bilancio nella nostra Costituzione, votato
il 17 aprile al Senato con una maggioranza tale da impedire il
Referendum Costituzionale e nessun dibattito pubblico. Questa modifica
costituzionale potrebbe avere delle gravi ripercussioni soprattutto su
chi non ha una stabilità economica, e in genere sul sistema di welfare
dello Stato. Qualsiasi governo sarà giustificato ad applicare tagli o
aumentare le tasse in qualsiasi ambito – compreso quello dell’istruzione
– affermando che è necessario in virtù di quel criterio esclusivamente
economico secondo il quale le uscite non possono essere superiori delle
entrate. Perdere una borsa di studio, vedersi raddoppiare le tasse
universitarie, veder diminuire la qualità della didattica per mancanza
di fondi potrà essere considerato quindi “costituzionale”.
Articolo per Siderlandia.it
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