martedì 24 febbraio 2015

Università di serie A, B ed un Governo di III categoria

«Ci sono uni­ver­sità di serie A e serie B, ridi­colo negarlo»

Citando un famoso detto popolare si può affermare che Renzi, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico al Politecnico di Torino, ha scoperto l’acqua calda. Dell’esistenza degli atenei di serie A e B infatti ne sono ben consapevoli gli studenti, che non solo non lo negano, ma da anni denunciano il divario esistente  tra l’offerta formativa ed i servizi erogati, ad esempio, dalle università del Nord e da quelle del Sud. Ne sono ben consapevoli anche i laureati: in effetti anche se nessun governo è ancora riuscito ad abolire il valore legale del titolo di studio (l’ultimo tentativo è stato quello del Governo Monti) è ormai noto che molte aziende preferiscono candidati laureati in determinati atenei piuttosto che in altri, come se la preparazione ed il valore di una persona si possa giudicare a seconda del posto in cui ha studiato. Insomma, se si ha in mano una laurea conseguita presso un ateneo che non gode di buona credibilità, probabilmente non si viene nemmeno chiamati per il colloquio, anche se ad esempio il candidato ha frequentato uno dei corsi migliori di quell’ateneo oppure ha acquisito ulteriori conoscenze al di fuori dell’università e quindi complessivamente potrebbe essere più preparato del collega laureato nell’università di “serie A”.

lunedì 2 febbraio 2015

Cosa offre Taranto ai laureati in economia?

Secondo i dati Almalaurea nel 2013 a Taranto ci sono stati 137 laureati (91 con titolo triennale, e 46 con laurea magistrale). A questi poi vanno aggiunti quelli che conseguono il titolo in altra città e tornano a Taranto dopo aver completato gli studi. Una volta constatato questo dato viene spontaneo domandarsi dove possano essere impiegati 137 laureati in economia nella nostra città: non starò qui a snocciolare dati, ma racconterò le esperienze di varie persone che ho conosciuto durante il mio percorso di studi.
Fondamentalmente i laureati in economia si dividono in due gruppi: quelli che vogliono intraprendere la libera professione (es. commercialisti) e quelli che non vogliono farlo. Questi ultimi potenzialmente potrebbero trovare vari impieghi: banche, istituti finanziari, aziende di vario tipo, enti pubblici, enti di formazione;  peccato che a Taranto ci sia poco o nulla di tutto questo. Le aziende sono davvero poche, quelle che assumono ancora meno e soprattutto non vi è un canale “sicuro” attraverso il quale domanda ed offerta di lavoro si incontrano: la maggior parte degli annunci che si trovano in rete o sui giornali alla fine si rivelano il solito “porta a porta” (che di certo non è un lavoro da disprezzare, ma non è nemmeno corretto pubblicare un annuncio dove viene offerta una determinata mansione per poi rifilarne un’altra). Certo ci si può iscrivere alle numerose agenzie interinali, ma non tutte le aziende ricorrono a questo sistema per la ricerca di personale, alcune non pubblicano le offerte di lavoro nemmeno sul proprio sito internet (sempre se ne hanno uno).
Nella maggior parte dei casi se si ha la fortuna di trovare impiego in un’azienda si tratta di mansioni amministrative/contabilità, gli istituti finanziari offrono quasi sempre contratti a provvigione per la vendita di prodotti finanziari, le banche raramente assumono e comunque quasi sempre non tengono conto dei curriculum dei neolaureati ma trasferiscono giovani (originari di Taranto) che lavorano in altre città (della serie, se vuoi lavorare in banca a Taranto devi farti assumere in qualche altra città e sperare che un giorno ti trasferiscano).