lunedì 8 dicembre 2014

Diritto di cambiare dal basso

Ogni volta che si parla degli Enti Pubblici – da quelli locali a quelli nazionali – si riscontra un malessere diffuso dei cittadini, i quali lamentano la mancanza dei servizi essenziali e si domandano con quali criteri vengano amministrati gli Enti, se gli introiti derivanti dalle proprie tasse vengano gestiti in modo trasparente e soprattutto per il benessere comune.
Il nostro è un paese dove disuguaglianze e povertà si stanno diffondendo a macchia d’olio, gli scontri e l’aumento della criminalità nelle “periferie” rappresentano il fallimento dell’Ente Locale il quale, in determinati contesti, non è in grado di risolvere specifiche situazioni di degrado perché non dialoga con i propri cittadini, abbandonandoli al proprio destino.
Secondo ActionAid – organizzazione internazionale indipendente impegnata nella lotta alle cause della fame nel mondo, della povertà e dell’esclusione sociale – questa situazione dipende dalla presenza di «squilibri di potere, campanilismo, ed approccio opportunistico alla vita pubblica». Se da un lato ci sono amministratori che gestiscono male la cosa pubblica, dall’altro ci sono alcuni cittadini che non risultano propositivi o comunque non conoscono gli strumenti che hanno a disposizione per “costringere” le varie amministrazioni locali ad agire nel modo più giusto. ActionAid afferma che oggi si può lottare contro la povertà e l’esclusione sociale, il primo passo è cominciare ad interrogarsi sulla qualità dell’operato delle istituzioni e sulla loro accountability  intesa come la “capacità delle istituzioni sia di realizzare impegni elettorali e accordi internazionali sia di svolgere la propria funzione in modo trasparente e partecipato”.

mercoledì 26 novembre 2014

Reclutamento degli insegnanti: dal TFA alle Magistrali Abilitanti

Con il Decreto Ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010 l’ex Ministro Gelmini ha eliminato le vecchie Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario (SISS) ed introdotto un nuovo strumento per acquisire l’abilitazione all’insegnamento: il TFA (Tirocinio Formativo Attivo).
Il TFA non è altro che un corso di formazione universitario a numero chiuso di 1500 ore totali (60 CFU) di cui 475 ore (19 CFU) fanno parte del tirocinio vero e proprio all’interno delle scuole, possono accedervi solo coloro in possesso della laurea specialistica/magistrale.
Questo metodo di “formazione” degli insegnanti ha dei grossi limiti. Il primo è quello che riguarda la didattica: se si dà uno sguardo ai programmi dei corsi previsti per ogni classe di insegnamento (qui ad esempio ci sono quelli dell’UNIBA relativi al TFA 2011/2012) si può notare che, escludendo gli esami di pedagogia ed i relativi laboratori, la restante parte dei corsi consiste in una breve ripetizione di ciò che è stato studiato durante il proprio percorso universitario, cosa di cui si potrebbe fare sicuramente a meno, per dare più spazio al tirocinio presso gli istituti scolastici – il quale rappresenta una parte davvero esigua del percorso del TFA, solo il 30% delle ore totali.
Un altro grosso problema del TFA è il costo elevato: le quote di iscrizione fissate dai vari Atenei variano dalle 100€ alle 150€, mentre il costo del corso varia dai 2500€ ai 3000€. Va poi precisato che per accedere alle varie classi di concorso è necessario possedere un numero preciso di CFU in determinati settori scientifici disciplinari (SSD) e, nel caso in cui durante il proprio percorso universitario non siano stati acquisiti, per poter partecipare alle selezioni per il TFA bisognerebbe iscriversi ai corsi singoli. Questi hanno dei costi non indifferenti, basti pensare che l’UNIBA, nell’approvazione del nuovo piano di rientro, ha aggiunto al contributo fisso di 350€ (già esistente) per i corsi un supplemento di 50€ per ogni credito formativo riferito al singolo insegnamento.
Questi costi devono essere sostenuti per intero indipendentemente dalla condizione di reddito, a differenza dei normali corsi di laurea infatti la tassazione non è proporzionata all’ISEEU e inoltre non sono previste borse di studio/posti alloggio; quindi, oltre a pagarsi il TFA, bisogna affrontare interamente anche le spese per di alloggio o del viaggio per frequentare i corsi. In poche parole possono acquisire l’abilitazione all’insegnamento solo coloro che “se lo possono permettere”.

Il Governo Renzi ha intenzione di cambiare il sistema di abilitazione degli insegnanti, attivando le c.d. “magistrali abilitanti”. Si tratta di corsi di laurea biennali (comprensivi di tirocinio nelle scuole) ai quali si può accedere dopo aver conseguito la laurea triennale, ovviamente a numero chiuso – il Ministero stabilirà i posti disponibili a seconda delle necessità di reclutamento. A pagina 41 del testo sulla “Buona Scuola” di Renzi si legge che «nel corso del biennio di specializzazione, seguirà corsi di didattica e pedagogia, e in generale materie mirate sul lavoro di formazione e crescita dei ragazzi. Chiaramente specifici bienni specialistici potranno funzionare anche per materie affini, evitando di doverne istituire uno diverso corrispondente con rapporto 1:1 a ogni diverso tipo di laurea oggi esistente».
In questo modo verrebbe superato il problema dei costi, perché trattandosi di corsi di laurea gli studenti avrebbero tutti i benefici economici del caso, ma a quale prezzo?

martedì 4 novembre 2014

L’università secondo Renzi: meno fondi e più precarietà

Qualche giorno fa il Ministro Stefania Giannini ha presenziato all’inaugurazione del Polo Scientifico Tecnologico Magna Grecia, in quell’occasione una giornalista ha posto la questione dei tagli operati sulla Cultura ed il Ministro ha risposto che quei tagli appartengono a “stagioni passate” quasi a voler scrollarsi di dosso ogni responsabilità (forse si è dimenticata che parte di quei tagli sono frutto della politica dell’ex Presidente del Consiglio Monti, il quale fondò “Scelta Civica” – partito col quale il Ministro è stata eletta e di cui attualmente fa parte), aggiungendo che gli studenti dovrebbero “guardare la legge di stabilità e capirne il senso ed il valore”, perché quella legge permette l’assunzione di 1500 ricercatori e la “stabilizzazione dei fondi per l’Università con 150 milioni di euro”.
Gli studenti del Polo Jonico che hanno assistito alla cerimonia inaugurale evidentemente hanno creduto a quelle parole, considerando l’aria festosa, le foto, i sorrisi e le chiacchierate amichevoli col Ministro; altri invece fortunatamente hanno analizzato la legge di stabilità ed il quadro che ne esce fuori non è esattamente così roseo come lo dipinge il Ministro.
Su “Roars” c’è un interessante articolo che cita testualmente gli articoli della legge di stabilità riguardanti i finanziamenti all’Università e ne spiega le conseguenze. Quando il Ministro dice che il Governo Renzi stanzia 150 milioni di euro annui non mente. Il problema è che quello stanziamento copre solo in parte i 170 milioni di taglio previsti da Tremonti (quindi rimane una differenza negativa di 20 milioni di euro – la matematica non è un’opinione); quello che il Ministro non dice è che la Legge di Stabilità prevede un taglio al Fondo di Finanziamento Ordinario di 34 milioni per il 2015 e di 32 milioni per ogni anno dal 2016 al 2022 “in considerazione di una razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi da effettuarsi a cura delle università”!
Va fatta poi una precisazione: i 150 milioni “stanziati” dal Governo riguardano solo la “quota premiale”, ovvero quella parte dei fondi destinata agli “atenei virtuosi” – quelli che secondo l’ANVUR conseguono i migliori risultati in termini di: qualità dell’offerta formativa, della ricerca, e della efficienza/efficacia delle sedi didattiche. Dunque i famosi 150 milioni di euro in più andranno agli Atenei che non hanno particolari difficoltà, mentre i tagli riguarderanno tutti gli Atenei (anche quelli attualmente in deficit e quindi non “virtuosi”).
Una boccata d’ossigeno arriva dai fondi precedentemente stanziati per la creazione del Polo Universitario di Erzelli e dirottati sul FFO dalla Legge di Stabilità (pari a 5 milioni di euro all’anno per gli anni 2016-2022) e dai “fondi della gestione stralcio del Fondo speciale per la ricerca applicata” pari a 140 milioni di euro i quali, se venissero utilizzati in due anni come ipotizzato su Roars, porterebbero ad un “finanziamento” dell’Università solo per il 2015 e per un importo abbastanza esiguo (16 milioni di euro): dal 2016 in poi si registrerebbe comunque un decremento del Fondo di Finanziamento Ordinario fino ad arrivare ad un taglio totale di 1431 milioni di euro (distribuito negli anni 2015 – 2023), con una media di 159 milioni di euro all’anno. Nel 2023 si prevede un taglio di 278 milioni di euro, che è ben maggiore dei 170 previsti da Tremonti.
A questo vanno aggiunti altri tagli denunciati dagli studenti di LINK: i 150 milioni di euro tagliati al Diritto allo Studio per finanziare gli 80€ da in busta paga (si rischia di erogare 46 mila borse di studio in meno), 42 milioni in meno per il Fondo Ordinario Enti di Ricerca Applicata.  Va detto poi che i nuovi criteri di riparto dei fondi penalizzano ulteriormente gli Atenei già in difficoltà.

sabato 25 ottobre 2014

Ministro Giannini a Taranto: sorrisi, foto e nessuna contestazione

Quella del 21 ottobre è stata sicuramente una giornata di grande fermento per il Polo Universitario Jonico. E’ stato infatti inaugurato il Polo Scientifico Tecnologico “Magna Grecia”, struttura scientifica di eccellenza dotata di strumentazioni da utilizzare per studi e ricerche sul degrado delle matrici ambientali delle acque, del suolo e dell’aria nella provincia di Taranto; il tutto finanziato con 9,5 milioni di euro stanziati dal Programma Operativo Nazionale “Ricerca e Competitività” (PON “R&C”) – si tratta di fondi europei che vengono investiti per il sostegno delle attività di ricerca e innovazione che possano incentivare lo sviluppo economico della zona in cui vengono investiti.
Durante la cerimonia inaugurale sono stati delineati gli obiettivi di questo progetto: il Polo Scientifico Tecnologico infatti non sarà solo una struttura a disposizione dei ricercatori e delle loro idee, ma anche un mezzo per incentivare attività che mirino alla salvaguardia ambientale, in collaborazione con le imprese del territorio, puntando allo sviluppo sostenibile, alla crescita dell’economia locale ed alla creazione di opportunità lavorative per i giovani. Il Rettore Uricchio vuole inoltre legare la presenza del Polo Scientifico all’offerta formativa: la ricerca ambientale potrebbe essere legata a quella sanitaria, permettendo la creazione di un Dipartimento sanitario anche in collaborazione con l’Ospedale Militare.
Il nastro è stato tagliato dal Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, la quale ha visitato i laboratori allestiti presso la ex II Facoltà di Scienze (sede dei corsi di laurea di Informatica e Scienze Ambientali), mentre la cerimonia inaugurale si è tenuta presso la ex Caserma Rossarol in Città Vecchia (sede del Dipartimento Jonico, dei corsi di Beni Culturali e Scienze della Formazione).
Non voglio fare una cronaca della giornata soffermandomi su tutti gli interventi fatti o sulle opportunità che possono scaturire dalla presenza del Polo Scientifico, perché di questo se ne è già ampiamente parlato in questi giorni; vorrei invece porre l’attenzione su ciò che mi ha colpito di questo evento.
E’ vero, si tratta pur sempre di una inaugurazione, ed è abbastanza normale parlare con entusiasmo dei risultati raggiunti o degli obiettivi futuri, ma allo stesso tempo bisogna anche considerare la situazione in cui versa il Polo Jonico a causa della Riforma Gelmini e decreti successivi, per non parlare di quello che potrebbe accadere dopo le decisioni dell’attuale Governo – il quale nella legge di stabilità ha previsto un taglio di 150 milioni di euro per il diritto allo studio, quasi 300 milioni per quanto riguarda i fondi per il finanziamento dell’Università e della Ricerca e  dei nuovi criteri per il riparto dei fondi che potrebbero penalizzare gli Atenei attualmente in deficit, come l’Università di Bari (e quindi anche il Polo Jonico).
Mi sarei aspettata degli interventi più incisivi da parte dell’Università e degli Enti Locali sulla questione della riduzione dei finanziamenti negli anni passati e una condanna delle misure prese dall’attuale governo, perché quella – benché fosse una inaugurazione – era anche l’occasione giusta per far notare al Ministro che è abbastanza contraddittorio parlare dello sviluppo del Polo Universitario Jonico ed allo stesso tempo attuare misure che nel lungo periodo portano le piccole sedi ad essere fortemente ridimensionate (come è successo) – o addirittura a scomparire. Qui non servono le passerelle, ma delle assunzioni di responsabilità e di impegni precisi.

sabato 11 ottobre 2014

La scuola non si paga e non si vende


Un paese che vuole crescere ed uscire dalla crisi deve puntare sull’istruzione delle nuove generazioni, perché si sa – dove non c’è cultura non c’è futuro. L’Italia però, negli ultimi anni, fra tagli ai finanziamenti di scuola ed università e riforme sbagliate, sembra che stia andando esattamente nella direzione opposta. Renzi aveva promesso di cambiare verso, però – secondo gli studenti – i fatti dimostrano il contrario: per l’UDS - che ha promosso la manifestazione di ieri per dire no al “Piano Scuola” di Renzi – il Governo vuole trasformare i dirigenti scolastici in manager, far entrare capitali privati nella scuola pubblica, senza tra l’altro prevedere forme di diritto allo studio (necessarie per eliminare la dispersione scolastica), reddito di formazione o reintegro dei tagli operati in questi anni.
Taranto ha risposto all’appello, la manifestazione è stata promossa dal Movimento Studentesco Taranto ed ha raccolto la piena adesione di alcune scuole e piccole delegazioni di altre; erano presenti anche gli universitari di LINK Taranto, i ragazzi di Officine Tarantine ed una piccola delegazione dei COBAS: in tutto circa 4000 partecipanti.
Sullo striscione alla testa del corteo hanno scritto che “la scuola non si paga e non si vende”, deve essere accessibile a tutti e non deve vendersi ai privati (i quali non garantirebbero una formazione oggettiva al di fuori di logiche di mercato). Durante la manifestazione ci sono stati diversi interventi circa le precarie condizioni degli studenti di tutta la provincia di Taranto: mancanza di laboratori, sistemazione “provvisoria” in strutture dove non ci sono le basilari norme di sicurezza, classi pollaio, mancanza degli strumenti di supporto alla didattica, lezioni che si tengono nei teatri o sacrestie delle chiese, mancato aggiornamento dei regolamenti di istituto.
Non se la passano meglio gli universitari: gli studenti delle Professioni Sanitarie ad oggi non sanno ancora se verranno trasferiti a Bari o meno, mentre gli studenti di Scienze Ambientali lamentano la mancanza di laboratori e la chiusura della biblioteca della loro sede.

giovedì 25 settembre 2014

Su Scuola ed Università Renzi non #cambiaverso


Lo slogan della sua campagna elettorale per le primarie del Partito Democratico era “cambia verso”: si doveva cambiare modo d’agire, per risollevare le sorti dell’Italia ed uscire dalla crisi.
Nella sua mozione congressuale per le primarie l’attuale Presidente del Consiglio ammetteva che il suo partito aveva permesso riforme sulla scuola senza ascoltare chi la scuola la vive ogni giorno, generando «frustrazione e respingendo la speranza di chi voleva dare una mano»; la stessa cosa in realtà è successa per l’Università (che tra l’altro non è mai citata nel documento).
Quindi, parlando di Scuola ed Università, ci si aspettavano: finanziamenti per edilizia e didattica, lotta al baronato, eliminazione dei provvedimenti che impongono parametri troppo rigidi per l’attivazione di corsi di laurea, aumento dei fondi per il Diritto allo Studio.
La realtà dei fatti però è ben diversa: l’unico intervento positivo del Governo Renzi sulla Scuola è lo stanziamento di 1.094.000.000 di euro destinati all’edilizia scolastica: ripristino, messa in sicurezza e costruzione di edifici scolastici; anche se per ora i fondi sono stati utilizzati per piccole manutenzioni, e chissà se e quando verranno stanziati tutti per gli interventi promessi, va precisato anche che per rimettere in sesto tutte le scuole italiane servirebbero molti più soldi.
Fa molto discutere in questi giorni la “Direttiva sul Sistema Nazionale di Valutazione” firmata dal Ministro Giannini, senza tra l’altro dare la possibilità ad insegnanti e studenti di poter discutere i termini della direttiva e proporre modifiche (insomma, in perfetta linea con l’atteggiamento dei precedenti governi).
La scuola di Renzi si basa sulla “valutazione”. Le scuole dovranno produrre un rapporto di autovalutazione sulla base di indicatori forniti dall’INVALSI (Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema di Istruzione); questo rapporto avrà due obiettivi: essere uno strumento utile ai genitori che devono scegliere la scuola ideale per il proprio figlio, e valutare quali istituti sono da sottoporre a verifica di ispettori scelti dall’INVALSI (verranno sottoposte a verifica il 10% delle scuole, di queste il 7% verrà scelto attraverso i rapporti di autovalutazione, il restante 3% in modo casuale).

martedì 1 luglio 2014

Polo Jonico: tanti progetti per le strutture… e la didattica?


Se si dovesse dar seguito a tutti i progetti strutturali di cui ogni tanto si parla sui giornali, a Taranto dovrebbero sorgere: due studentati, due mense, due centri sportivi, due biblioteche. Un complesso di nuove strutture a servizio dei circa 4500 studenti universitari del Polo Jonico.
Nello specifico parliamo di:
- Palazzo Delli Ponti: situato in Città Vecchia, già semi-ristrutturato, dove dovrebbero essere trasferiti gli uffici della segreteria studenti, ed allestita una Biblioteca per gli studenti di Beni Culturali più gli uffici per i docenti che insegnano presso la Ex Caserma Rossarol.
- Struttura in Via Garibaldi:  sulla stampa locale[1] si parlava di un palazzo danneggiato dal tornado del 2012, e sul quale il Comune stava progettando una ristrutturazione – finanziata con i fondi della “Rigenerazione Urbana” – per creare una mensa, uffici, ed una residenza per gli studenti fuori sede.
- Ex Ospedale Militare, che dovrebbe diventare la sede definitiva degli studenti di Professioni Sanitarie (il condizionale è d’obbligo, considerando che si parla di una nuova sede da anni ma intanto gli studenti vengono “parcheggiati” provvisoriamente in varie strutture – da ultimo le aule inutilizzate all’interno del Politecnico).
- Centro Sportivo Universitario in Via Cugini (di cui avevamo già parlato) il quale, tra i progetti elencati in questo articolo, è l’unico in fase di realizzazione e quindi si presume che tra qualche tempo verrà ultimato ed utilizzato sul serio.
- Campus Universitario “Alma Mater Tarentum” da realizzare nelle strutture che da luglio non verranno più utilizzate dagli studenti dell’Istituto Salesiano Don Bosco di Taranto, progetto realizzato dal Rotary[2]. In questa struttura dovrebbero sorgere: vari impianti sportivi, laboratori, residente per studenti e docenti (120 posti), mensa, biblioteca, sale convegni e – da quanto si legge sulla stampa – l’edificio potrebbe essere fruibile «quasi subito».

mercoledì 30 aprile 2014

Piano di rientro UniBa: gli studenti sempre più penalizzati


Nel 2008, con la famosa l. 133, venne imposto un taglio di 1,5 miliardi di euro da applicare progressivamente nel quinquennio 2008-2013. Gli studenti dell’Onda scesero in piazza denunciando le conseguenze negative che un provvedimento del genere avrebbe portato; vennero accusati di essere allarmisti e di difendere un sistema dove vige lo spreco.
Le parole d’ordine erano: meritocrazia, lotta ai baroni, tagli agli sprechi, l’ex Ministro Gelmini le ripeteva come un mantra ad ogni intervista, le conseguenze di quei provvedimenti però sono state ben altre, e sono sotto gli occhi di tutti.
Il taglio al FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario), unito al blocco del turn over per l’assunzione del docenti (deciso sempre nella l.133/2008) ha portato all’indebitamento degli Atenei – con conseguente aumento delle tasse, tagli ai servizi per gli studenti – e chiusura di svariati corsi di laurea. In tutto ciò quel  sistema occulto dove i baroni decidono come distribuire le poltrone esiste ancora, e quel sistema non tiene conto della qualità della formazione.

giovedì 27 febbraio 2014

Riforma ISEE, cosa cambia per gli studenti universitari?



L’ISEE (indicatore situazione economica equivalente) è un parametro che indica la situazione economica delle famiglie. Da questo parametro – attraverso un ricalcolo – si ottiene  l’ISEEU (Indicatore della Situazione Economica Equivalente Universitario). Chi è iscritto all’università conosce bene l’ISEEU, in quanto questo parametro è utilizzato sia per l’accesso a particolari benefici (borse di studio, sussidi, alloggi, mensa) sia per il calcolo delle tasse universitarie, esso si differenzia dall’ISEE in quanto:
- i redditi e i patrimoni dei fratelli/sorelle sono calcolati al 50%; - vi è l’integrazione del nucleo familiare dello studente con quello dei genitori anche se con esso non residenti: questo perché lo studente fuori sede – che acquisisce residenza diversa da quella del nucleo familiare di origine – potrebbe accedere più facilmente ai benefici concessi agli studenti universitari se non si tenesse conto del reddito/patrimonio dei suoi genitori (vi è comunque la figura dello “studente indipendente”, attribuibile agli studenti che hanno determinati requisiti);
- vi è la previsione di un indicatore della situazione economica equivalente all’estero: questo perché vi è la necessità di valutare la condizione degli studenti stranieri iscritti presso le Università Italiane.

Il Governo Letta, con il Dpcm 159/2013 ha modificato i criteri di calcolo dell’ISEE (e di conseguenza viene calcolato in modo diverso anche l’ISEEU); i nuovi criteri entreranno in vigore dall’8 febbraio, giorno a partire dal quale decorreranno i 120 giorni per emanare tutti i decreti attuativi.

sabato 8 febbraio 2014

SILVIA AVALLONE RACCONTA LA GENERAZIONE CHE NON SI ARRENDE




Lunedì 3 febbraio, presso la Libreria Mandese di Viale Liguria, Silvia Avallone ha presentato il suo nuovo romanzo “Marina Bellezza”.
Sono andata all’incontro con la semplice curiosità di scoprire -  attraverso l’incontro con l’autore - come è nato un libro che ha particolarmente colpito e che racconta una realtà che forse non tutti conoscono fino in fondo; quell’incontro però non è stata una semplice presentazione dove viene spiegato come nasce un libro, è stato qualcosa di più.
Lo stile dell’autrice è sicuramente quello di raccontare particolari realtà del  nostro paese, infatti nel suo precedente romanzo “Acciaio” aveva descritto la vita dei ragazzi di Piombino, dove il lavoro in fabbrica è l’unica possibilità di portare a casa uno stipendio e non c’è spazio per avere dei sogni, crearsi un’alternativa.
In “Marina Bellezza” invece si parla della Valle Cervo - nello specifico la zona del biellese - e questa volta vengono messe a confronto due personalità di una stessa generazione; da una parte c’è Marina, una ragazza intraprendente e determinata, che ha come obiettivo quello di andar via dalla Valle Cervo e diventare famosa grazie al suo talento canoro ed alla sua bellezza.

martedì 4 febbraio 2014

Gli studenti chiedono al Comune più attenzione sull’Università

L’Università non è mai stata al centro del dibattito pubblico di questa città, essa viene vista semplicemente come il luogo dove i ragazzi vanno a studiare e conseguono la laurea, senza capirne il vero valore culturale.
 Avere un Polo Universitario di eccellenza significa evitare che i giovani vadano via da questa città e, dopo la laurea, dare loro la possibilità di mettere a disposizione della città le loro conoscenze e le loro capacità per creare tutte quelle opportunità di cui Taranto necessità per uscire dalla situazione di profonda crisi degli ultimi anni.
Un Polo Universitario ha dei vantaggi anche dal punto di vista economico, basti pensare ai benefici che le grandi città universitarie (es. Bari e Lecce) hanno grazie alla presenza massiccia di studenti (soprattutto fuori sede): gli studenti infatti alimentano il mercato degli affitti, i consumi, frequentano locali e luoghi di ritrovo della città in cui si trasferiscono per studiare e ne favoriscono la crescita.
Tutto questo non è ben chiaro ai cittadini di Taranto, e forse del potenziale derivante dalla presenza dell’Università non ne sono convinti nemmeno coloro che questa città l’amministrano.
Ne è la dimostrazione il fatto che il 31 dicembre è scaduto l’Accordo di Programma stipulato tra Comune, Università degli Studi di Bari ed altri enti locali, e che l’accordo che regola i rapporti tra gli enti dal 2014 in poi ancora non esiste perché nessuno si è preoccupato di redigere il nuovo atto di intesa. A questo va aggiunto che il Comune di Taranto non ha versato all’Università i soldi accantonati in bilancio per il 2012 e il 2013 (circa 300000€ previsti dal vecchio accordo di programma) in quanto l’amm.ne non ha ancora redatto l’atto che regola l’uso di quei fondi (un problema ormai già noto, infatti quei soldi vengono usati in parte anche per istituire borse di studio e premi di laurea, che sistematicamente venivano erogate con enormi ritardi – mentre per il 2012 e 2013 il bando nemmeno esiste).
I problemi legati al Polo Jonico sono tanti, sia dal punto di vista didattico che strutturale, ma a quanto pare questa non è stata una priorità del Consiglio Comunale, da settimane infatti alcuni consiglieri (Bonelli, Capriulo, Liviano, Venere) avevano presentato un punto all’ordine del giorno sulle problematiche del Polo Jonico. Questo punto veniva inserito sempre tra gli ultimi e di conseguenza slittava di consiglio in consiglio senza che venisse fatta una discussione.

giovedì 9 gennaio 2014

Il “nuovo” decreto sull’accreditamento dei corsi di laurea: un nulla di fatto

Il 23 dicembre 2013 il Governo – attraverso il DM 1059/2013[1] – ha apportato alcune modifiche al D.M. 47/2013 meglio conosciuto come Decreto AVA (Autovalutazione, Valutazione, Accreditamento), ovvero quello sull’accreditamento dei corsi di laurea nei vari atenei.
Questo decreto elenca i parametri di cui bisogna tener conto per poter accreditare (quindi attivare) un corso di laurea. Nel fissare il numero di “proponenti”(garanti) necessari per l’attivazione dei corsi si tiene conto anche del numero di immatricolati per ogni corso di laurea, viene fissata cioè una “numerosità massima” – oltrepassata quella soglia di immatricolati i docenti necessari per l’attivazione del corso aumenta in base al numero degli immatricolati (il calcolo si fa attraverso una formula matematica inserita nel decreto).
Oltre a fissare un numero di “proponenti”, il decreto stabilisce quanti di questi devono essere docenti e quanti devono essere ricercatori.
L’approvazione dell’AVA ha comportato numerosi problemi per gli Atenei, questo perché i requisiti richiesti per l’attivazione di nuovi corsi ed il mantenimento di quelli preesistenti sono molto più rigidi rispetto alle regolamentazioni precedenti (in termini di numero di “proponenti”).