domenica 27 maggio 2012

Nuovi tagli di corsi e aumenti di tasse per l’Università a Taranto? (Siderlandia n.42)



di Mara Pavone
Nei primi mesi del 2012 il governo ha approvato due decreti riguardanti rispettivamente l’accreditamento degli atenei e ilreclutamento negli stessi. Anche questi provvedimenti, come quello riguardante l’aumento della tassa regionale, sono decreti attuativi della l.240/2010 c.d. “Legge Gelmini”. Questo dimostra ancora una volta come il Ministro Profumo non abbia intenzione di cambiar rotta rispetto all’ex Ministro.
Partiamo con la questione dell’accreditamento degli Atenei. Oggi questi vengono valutati dai nuclei di valutazione interni agli Atenei e dall’Anvur (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca). In sostanza per istituire un nuovo corso di laurea si devono rispettare degli indicatori definiti dal Miur (avere un determinato numero di docenti, corrispondenza degli insegnamenti ecc..) che vengono controllati dal nucleo di valutazione dell’ateneo e poi dal Miur.
Esistono poi dei criteri premiali (per la valutazione della didattica e della ricerca degli Atenei) che assegnano una quota parte del FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario – principale fonte di finanziamento dell’Università Pubblica, tagliato drasticamente con la l. 130/2008) agli atenei “virtuosi”, cioè quelli che ottengono un punteggio migliore nella valutazione. Questa quota è andata progressivamente crescendo passando dal 7 al 12% del FFo.
Il nuovo sistema di accreditamento prevede che i criteri di valutazione vengano stabiliti unicamente dall’Anvur. Questi sono stabiliti in coerenza con gli standard e le linee guida tracciate dall’Associazione europea per l’assicurazione della qualità del sistema universitario (Standards and Guidelines for Quality Assurance in the European Association for Quality Assurance in Higher Education – EHEA).
Va precisato però che in questo modo l’ANVUR, agenzia di valutazione creata composta da 7 persone nominate direttamente dall’ex Ministro, stabilisce tutti i criteri per la valutazione degli atenei, e quindi il Miur li deve assumere senza poter proporre modifiche.
Le sedi, cioè le università e le loro sedi distaccate, devono subire una valutazione quinquennale. Per questa valutazione il decreto inoltre prevede che l’Anvur possa avvalersi di esperti esterni con il compito di visitare direttamente le sedi universitarie, tutto questo a carico del bilancio dell’Anvur stesso che, in questo modo, potrebbe registrare dei costi elevati soprattutto se la valutazione viene appaltata ad agenzie esterne. Il Miur può chiedere un ulteriore parere, ma questo è comunque sempre fornito dall’Anvur e diventa insindacabile.
L’Anvur riceve un potere molto forte, che non è controllabile nemmeno dal Miur. Basti pensare che se una nuova sede universitaria non riceve un parere favorevole non può essere aperta, oppure se una sede già esistente non riceve un parere favorevole per l’accreditamento viene soppressa; in alternativa l’Anvur può proporne la fusione con una o più altre sedi, come previsto dall’art 3 della legge 240/2010.
Lo stesso meccanismo vale per i corsi di studio, questo significa che l’Anvur può decidere in maniera autonoma la soppressione di corsi di studio o la loro fusione.
Nel decreto si prevede che l’Anvur si avvalga de nuclei di valutazione dei singoli atenei che ogni 5 anni per le sedi e ogni 3 anni per i corsi di laurea redigeranno delle relazioni tenendo conto dei criteri stabiliti dall’Anvur stesso. A seconda dell’esito di queste relazioni l’Anvur può decidere di revocare l’accreditamento o meno con le relative conseguenze appena descritte.
Queste valutazioni servono per l’assegnazione dei finanziamenti, che vengono distribuiti in base ad una classifica degli Atenei che premia quelli migliori a discapito di quelli peggiori. Tutto sommato, sotto questo aspetto, non cambia molto rispetto al sistema attuale; il problema vero è il potere dell’Anvur di poter chiudere una sede o un corso di laurea in base ad un parere, senza possibilità per la sede di opporsi a tale decisione. È ovvio che un sistema così costruito non è pensato come uno strumento per il miglioramento della didattica, ma solo in termini punitivi.
Sembra che l’obiettivo principale di questo sistema sia diminuire i corsi di studio, inoltre si mettono in difficoltà le università del sud che oggi si collocano spesso ai gradini più bassi delle classifiche; se pensiamo poi che la nostra è una sede distaccata dove per lo più vi sono corsi di laurea fotocopia a quelli delle sedi di Bari, è facile pensare che i primi ad essere danneggiati da questo sistema di valutazione saremo proprio noi. Ecco perché chiediamo costantemente che a Taranto vengano istituiti dei corsi di laurea di eccellenza, che abbiano una propria particolarità che li differenzia da quelli delle sedi universitarie circostanti, ma che allo stesso tempo forniscano un titolo di studio spendibile su tutto il territorio nazionale, con relativi laboratori e didattica d’eccellenza; se la situazione rimane come quella attuale rischiamo seriamente che i nostri corsi di laurea vengano chiusi a causa di un semplice parere negativo.
Riguardo il reclutamento di personale negli atenei, con la l. 1/2009, che modificava quanto previsto dalla l. 133/2008, si sono introdotti limiti alle assunzioni di personale docente e tecnico amministrativo. Si rendevano possibili assunzioni nei limiti del 50% del personale andato in pensione e solo se il rapporto fra tra gli stipendi del personale a tempo indeterminato fosse risultato minore del 90% del finanziamento statale ricevuto dallo Stato. Questo ha implicato che tutti gli atenei che sforavano questo limite hanno dovuto rivedere la propria offerta formativa, modificandola per adattarla al numero di docenti già presente non potendo assumerne altri.
Le nuove regole, delineate dal recente decreto, prevedono che le spese del personale vengano rapportate al totale delle entrate in bilancio, quindi oltre al finanziamento statale si tiene conto delle tasse universitarie versate dagli studenti. Da questo si deduce che gli atenei, se vorranno assumere nuovi docenti per ampliare la propria offerta formativa o migliorare la didattica esistente, avranno come unica possibilità quella di aumentare le tasse universitarie, questo anche perché viene posto un limite alle spese di indebitamento di ogni ateneo (cioè un limite ai mutui che gli atenei potranno contrarre per spese di edilizia, investimenti ecc..).
Considerando che i finanziamenti all’Università Pubblica sono in costante diminuzione, l’unica strada percorribile per gli atenei che vogliono assumere nuovo personale sarà quella di aumentare le tasse universitarie. Anche questo tipo di provvedimento colpisce soprattutto le sedi distaccate come quella di Taranto: basti pensare che noi paghiamo le stesse tasse degli studenti di Bari ma abbiamo numerosi servizi in meno, e certamente un aumento delle tasse ci danneggerebbe ulteriormente, perché aumenterebbe il divario tra l’alta contribuzione pagata e il basso livello di servizi offerti.

Articolo per Siderlandia.it

Taranto, città universitaria. Intervista a Mara Pavone (Siderlandia n. 41)

di Andrea Cazzato
Il 27 aprile Link Taranto cambia coordinatore. All’ottimo Remo Pezzuto, fresco laureato in Giurisprudenza, subentra alla guida del sindacato studentesco Mara Pavone della Facoltà di Economia. La commozione, leggendo le parole dei vari compagni di Link e vedendo le immagini del Congresso, fanno capire quanto di importante, in questi anni, questo gruppo di ragazzi e ragazze abbia costruito all’interno del polo universitario tarantino. Abbiamo richiesto, quindi, un’intervista a Mara per “celebrare” il suo nuovo incarico. (nda “è stato difficile per me, fare quest’intervista in maniera imparziale, dati la stima e l’affetto che mi legano all’intervistata..spero di aver mascherato bene questo”)
Prima di addentrarci nel discorso politico e in un bilancio del lavoro di Link a Taranto in questi anni, mi piacerebbe chiedere cosa significa per te Link.
Link per me ha sempre rappresentato un laboratorio politico. Con questo intendo che c’è stata data, da parte nostra, la possibilità di fornire una visione più completa della questione universitaria e, più in generale, della questione Taranto, cercando di fare un’analisi più approfondita della realtà della nostra città, e provando a trovare e proporre soluzioni migliori per la risoluzione di alcuni  problemi. Ed è questo il senso di politica che, personalmente, ho sempre ricercato. Non ci limitiamo quindi a risolvere i problemi più piccoli delle facoltà, in una visione più locale e meno globale del contesto in cui viviamo. E’ giusto, per noi, offrire, quindi una prospettiva più generale delle cose.
Per te un’esperienza sicuramente molto importante…
Questa esperienza, all’interno di Link, mi è sicuramente servita molto per crescere personalmente. Fin dai 16 anni ho sentito sempre il bisogno di fare politica, ma ho sempre avuto difficoltà a trovare il posto dove poter farla. Non avevo una buona impressione delle giovanili di partito, e quindi non riuscivo mai a sentirmi rappresentata fino in fondo.  Per questo, molto spesso, mi limitavo a seguire solo le vicende nazionali. L’entrata in Link, dopo essermi iscritta all’Università a Taranto, mi ha permesso di capire cosa vuol dire veramente fare politica, cioè cercare di impegnarsi per risolvere problemi e nel contempo analizzare quanto accade nel mondo. Il lavoro nel sindacato studentesco, poi, mi ha permesso di diventare un punto di riferimento per i colleghi universitari e mi ha permesso di conoscere, e condividere, esperienze con persone che avevano la mia stessa visione del mondo. Abbiamo in comune la voglia di cambiare le cose, ma non stando fermi a sperare nel “salvatore”, bensì attivandoci.
Per Taranto, invece, che esperienza è stata?
Il compito che con Link ci siamo dati è unico sul territorio locale. Cerchiamo infatti di rendere Taranto una città universitaria. A differenza delle altre associazioni, che si limitano ai problemi delle singole facoltà, noi, col nostro lavoro, cerchiamo appunto di far sì che lo studente tarantino sia in una città fatta anche a sua misura. Obiettivo principale è, quindi, migliorare le condizioni di “vita”  del ragazzo tarantino che ha scelto di vivere nella propria terra, il proprio momento di formazione più alto. Allo stesso tempo, vorremmo che Taranto non fosse solo per studenti della città, ma si aprisse anche ai ragazzi della stessa o di altre province; ed è per questo che stiamo lavorando, ad esempio, con l’Adisu, affinchè vengano creati dei servizi aggiuntivi, come il rimborso del 30% dell’abbonamento degli autobus extraurbani che, grazie ad una nostra proposta, da quest’anno è stato concesso agli idonei non vincitori del bando di borsa di studio ADISU. Il nostro obiettivo è estendere questa agevolazione a tutti gli studenti pendolari, ma per farlo ci vuol un contributo di provincia e regione in quanto i fondi dell’ADISU sono limitati. Sempre grazie ad una nostra proposta, siamo riusciti ad ottenere delle convenzioni con dei punti ristoro nei pressi di tutte le facoltà, per permettere agli studenti idonei o borsisti di poter utilizzare la quota mensa della borsa di studio che, se rimane inutilizzata, va persa in quanto non monetizzabile. Questa è stata la soluzione migliore in quanto Taranto ha facoltà dislocate in vari punti della città che non sono ben collegate tra loro, quindi un’unica mensa non avrebbe permesso a tutti gli studenti di usufruire del servizio.
Per fare di Taranto una città universitaria però non bastano i servizi, ma occorre anche una didattica di qualità. Se ci limitiamo a istituire dei corsi di laurea uguali o molto simili a quelli presenti nelle sedi di Bari o Lecce, non riusciremo mai ad attrarre studenti di altre province e ad evitare che i ragazzi tarantini vadano a studiare fuori. Bisognerebbe creare dei corsi di laurea un po’ più “caratteristici” ma che forniscano comunque un titolo spendibile su tutto il territorio.
Quindi, perchè l’esigenza di un sindacato all’interno di una realtà universitaria?
Noi pensiamo sia necessario parlare di sindacato, perchè è fondamentale che ci sia una ”struttura” che tuteli lo studente più debole. Non ci si può limitare a fornire servizi “di base”, come la diffusione degli orari, delle dispense o dei materiali delle lezioni. Noi proviamo ad interloquire con le varie Istituzioni, per cercare di migliorare la condizione dello studente, per far sì che ci sia un ripristino totale e una tutela dei diritti del singolo universitario. Ad esempio, abbiamo lottato per un decoroso servizio di trasporto extraurbano, perchè pensiamo che raggiungere le aule di lezione, non debba essere una fatica insormontabile, bensì un diritto sacrosanto dello studente.
La portata nazionale di Link ci permette, inoltre, di confrontarci con altre realtà dove, questa idea , è presente. Muoversi a livello nazionale, quindi, per avanzare proposte comuni, non barricandosi  nella propria città, anzi, cercando un mutuo scambio di esperienze fra le varie realtà universitarie presenti sull’intero territorio nazionale.
Tornando a Taranto, abbiamo avuto modo di vedere le interviste di dieci domande che avete realizzato ai candidati sindaco che si affronteranno il 6 e il 7 maggio. Cosa chiedete al futuro sindaco della nostra città?
Come abbiamo fatto anche con la precedente giunta, cercheremo di porre l’attenzione sulle problematiche che più ci riguardano. Ad esempio, come in passato, continueremo a batterci per la situazione della biblioteca Acclavio, e soprattutto premeremo per risolvere il problema della mancanza di spazi di aggregazione;  il miglioramento del servizio di trasporto urbano; una politica vera sulla questione alloggi, proprio per rendere Taranto più appetibile anche ai non residenti. Queste proposte, se realizzate, renderebbero Taranto una città universitaria a tutti gli effetti.
Reputiamo, comunque, il colloquio con le Istituzioni fondamentale, e pensiamo che esse si debbano impegnare per sopperire alla scarsità dei fondi dati all’Adisu, che, pur in questa ristrettezza, opera in maniera egregia, garantendo per quanto le è possibile.
Il 27 aprile si è eletto un nuovo coordinamento, che, oltre te, vede Laura Lazzaro e Flavia Russo. Balza agli occhi il fatto che questo è un gruppo formato da sole donne. Questo tipo di scelta è simbolica o è, semplicemente, basata sui meriti delle persone selezionate?
Noi crediamo che le quote rose sminuiscano il lavoro dei compagni e delle compagne stesse. Pensiamo che arrivare a certe cariche debba essere frutto del lavoro e della militanza. Chiaramente il merito pensiamo sia l’unico metro di giudizio valido per scegliere un esecutivo capace.
Per concludere la nostra intervista, quali sono i prossimi appuntamenti che affronterete come Link Taranto?
Nelle facoltà, abbiamo deciso di portare a compimento i progetti approvati nelle sedi universitarie. Su Economia, infatti, stiamo organizzando un interessante, e quanto mai attuale, seminario sulla green economy; su Giurisprudenza, invece, abbiamo intenzione di continuare il ciclo dei seminari sulla crisi economica, che tanto hanno portato in contenuti e partecipazione. Con la Rete della Conoscenza, stiamo portando avanti l’idea di organizzare, per metà giugno, un’assemblea, aperta anche alla cittadinanza, sulle tematiche ambientali. Infine, vorremmo realizzare un Cineforum sulla questione dell’omofobia, altro argomento di fortissima attualità.
 Articolo pubblicato su Siderlandia.it

mercoledì 25 aprile 2012

Delitto al Diritto allo Studio (articolo per Siderlandia n. 39)

 
A Marzo sono stati stanziati i tanto attesi fondi del MIUR per l’integrazione delle graduatorie ADISU riguardanti l’assegnazione delle borse di studio; purtroppo però le speranze di alcuni studenti di poter essere “ripescati” sono svanite nel nulla. Infatti degli 826 aventi diritto (cioè coloro che per ragioni di reddito e di merito possono aver accesso a una borsa di studio) soltanto 419 sono risultati borsisti, appena il 51%. Il restante 49% degli idonei dovrà accontentarsi di un’esenzione dal pagamento delle tasse universitarie e, per quest’anno, dovrà rinunciare definitivamente a percepire una borsa di studio che dovrebbe spettare di diritto ma, di fatto, non viene erogata per mancanza di fondi.
Questa è una conseguenza diretta del taglio al fondo statale per il finanziamento del Diritto allo Studio Universitario, passato dai 249 milioni di euro del 2009 ai 175 milioni del 2011 (in realtà il fondo del 2011 avrebbe dovuto essere inferiore a causa di una serie di tagli contenuti nella finanziaria del 2010, ma tali fondi sono stati parzialmente reintegrati, grazie soprattutto alle mobilitazioni studentesche degli ultimi anni); nell’anno accademico 2009/2010  – quando ancora il fondo non era stato dimezzato – la copertura delle borse di studio a Taranto era del 75%.
I dati oggettivi dimostrano che l’attuale sistema di diritto allo studio e il relativo fondo non sono idonei a garantire le disposizioni dell’art. 34 della Cost. – “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. - La situazione che si riscontra nel Polo Universitario Ionico infatti (diminuzione dei borsisti e dei servizi per gli studenti) è la stessa che si presenta in tutte le altre realtà universitarie, anche in quelle regioni che fino all’anno scorso riuscivano a garantire una copertura del 100% delle borse di studio e che quest’anno hanno dovuto introdurre nelle loro graduatorie la categoria degli studenti “idonei non vincitori”.
L’ex Ministro Gelmini non ha mai avuto l’intenzione di finanziare il Diritto allo Studio e ciò lo si può desumere da una formula molto utilizzata nella legge n. 240/2010: “senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”. Si è preferito optare per altri mezzi, come ad esempio quello di istituire il c.d. “fondo per il merito”, destinato ad erogare prestiti d’onore a studenti scelti senza alcun requisito di reddito – prestiti che gli studenti dovranno restituire al termine degli studi, con il solo risultato che i meno abbienti si troveranno indebitati con una banca ancor prima di iniziare a lavorare.
Il problema alla base è che l’attuale Ministro Profumo non ha accennato nessuna inversione di tendenza rispetto all’ex Ministro Gelmini, tant’è che si stanno via via formando i vari decreti di attuazione della sua riforma, come il decreto 436 dove viene regolata la definizione dei LEP (Livelli Essenziali minimi delle Prestazioni  da garantire – borse di studio, trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla cultura, alloggi ). Se da un lato questo può essere ritenuto un passo in avanti importante verso la definizione di nuovi e migliori criteri per l’assegnazione delle borse e la determinazione dei servizi agli studenti, dall’altro mancano delle specificazioni importanti; nel decreto infatti non si chiariscono gli importi delle borse di studio né i requisiti d’acceso ai bandi. Questo significa che potrebbe essere creato un sistema con livelli più bassi di ISEEU per l’accesso ai LEP e innalzamento dei requisiti di merito.
Questo decreto prevede inoltre l’innalzamento della tassa ADISU, che oggi ammonta in media a 93,50€ (77,47€ in Puglia), fino a 160 euro (varierà in base all’ISEEU); viene inoltre concessa la possibilità alle regioni di alzare la tassa fino ad un massimo di 200€. In questo modo quindi si potrebbe verificare la paradossale situazione in cui saranno gli studenti a finanziare, nella maggior parte, un diritto che dovrebbe essere costituzionalmente garantito, ovvero il diritto allo studio.
Oltre al danno c’è la beffa. In un altro decreto, il 437, vengono regolati i meccanismi di reclutamento: gli Atenei che necessitano di assumere nuovo personale potranno farlo solo aumentando l’importo delle tasse degli studenti.
C’è quindi una situazione particolare, in cui il diritto allo studio viene sempre più svilito e finanziato dagli studenti stessi (anziché dallo Stato); e, come se non bastasse, si impone agli Atenei che vogliono ad esempio migliorare la propria didattica attraverso nuove assunzioni l’innalzamento delle tasse degli studenti, con la conseguenza che l’Università Pubblica potrebbe diventare un “lusso” per pochi.
Ciò che potrebbe peggiorare ulteriormente questo quadro è l’introduzione del principio del pareggio di bilancio nella nostra Costituzione, votato il 17 aprile al Senato con una maggioranza tale da impedire il Referendum Costituzionale e nessun dibattito pubblico. Questa modifica costituzionale potrebbe avere delle gravi ripercussioni soprattutto su chi non ha una stabilità economica, e in genere sul sistema di welfare dello Stato. Qualsiasi governo sarà giustificato ad applicare tagli o aumentare le tasse in qualsiasi ambito – compreso quello dell’istruzione – affermando che è necessario in virtù di quel criterio esclusivamente economico secondo il quale le uscite non possono essere superiori delle entrate. Perdere una borsa di studio, vedersi raddoppiare le tasse universitarie, veder diminuire la qualità della didattica per mancanza di fondi potrà essere considerato quindi “costituzionale”.

Articolo per Siderlandia.it

lunedì 12 marzo 2012

Assessore Ciocia, conosce la Biblioteca “Acclavio”?

L'assessore comunale all'Università, Paolo Ciocia, ha risposto alle richieste del sindacato studentesco Link sui disservizi della biblioteca "Acclavio" sostenendo che quel posto non è pensato per le attività di studio. Peccato che la struttura già da anni sia diventata un centro fondamentale per studenti medi e universitari.

Acclavio2



di Mara Pavone
Il nostro articolo di denuncia sulla condizione il ruolo nella città della Biblioteca “Acclavio”, pubblicato nello scorso numero di Siderlandia.it, ha ricevuto risposta sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno del 7 marzo con una intervista all’Assessore all’Università e ai Beni Culturali del Comune di Taranto, Avv. Paolo Ciocia. Ringraziandolo in primis per l’attenzione concessaci, vorremo però replicare ad alcune sue affermazioni, che ci lasciano alquanto perplessi. Le sedi universitarie, per l’Assessore, “devono essere il punto di riferimento degli studenti tarantini. Qui si può studiare, ci si può incontrare e fare ricerche perché ci sono tutti i testi che occorrono”; anche perché – continua – “gli spazi per gli studenti universitari si trovano all’interno delle sedi universitarie. Tra l’altro si tratta di luoghi di un certo prestigio e di una certa importanza non solo storica ma anche artistica e culturale” – naturalmente riferendosi all’Ex Convento San Francesco, sede dei corsi di laurea di Giurisprudenza, Lettere e Filosofia e Scienze della Formazione in Città vecchia.
Ci sentiamo di dire che sul fatto che le sedi universitarie debbano essere il punto di riferimento degli studenti, non c’è alcun ombra di dubbio. Non era nostra intenzione affermare il contrario, considerando soprattutto il fatto che abbiamo sempre affermato che l’Università non deve essere vista come un mero “esamificio”, ma come un luogo di aggregazione da vivere a pieno, sia per la propria formazione, che per lo sviluppo di una cultura universitaria a Taranto – anche perché in molti si trattengono per l’intera giornata nelle sedi universitarie per studiare in gruppo oppure, più semplicemente, per evadere dalla realtà di casa. Però, riguardo gli spazi e i servizi che vengono offerti agli studenti universitari all’interno delle Facoltà tarantine, va sottolineato che la situazione non è proprio così “rosea” come la descrive l’Assessore.
Partiamo dalla storica sede dell’Ex Convento San Franceco, definita come un luogo di prestigio da tutti, ma che di prestigioso per ora ha solo le mura e l’ambiente che ospita gli studenti. Da mesi infatti denunciamo la mancanza di servizi basilari come la rete wifi o un laboratorio di informatica, dove poter far ricerche on-line, visto che i testi presenti all’interno della Biblioteca della II Facoltà di Giurisprudenza (già poco fornita) non sono proprio i più aggiornati. In più, nonostante la grande mole dell’edificio, sono scarsi gli spazi studio per gli studenti, come quasi assenti sono gli studi di ricevimento dei docenti, oltre ad esserci ultimamente problemi all’impianto di riscaldamento, che lasciano letteralmente al freddo gli utenti della struttura. Inoltre sono completamente assenti i testi per gli studenti di Scienze della Formazione e Lettere e Filosofia, che non hanno nemmeno i laboratori di Comunicazione e Archeologia.
Sicuramente c’è una situazione migliore nella sede della II Facoltà di Economia, dotata di una sala computer e due laboratori con connessione ad internet, aula studio e biblioteca. I queste ultime due però, nei periodi di maggior affluenza, si fatica a trovare un posto libero per studiare. Rimane comunque il fatto che la biblioteca nel 90% dei casi non ha testi utili alla preparazione delle tesi di laurea: molti di quelli presenti sono datati e, a volte, non vi sono neanche i testi consigliati dai docenti per la preparazione degli esami. La situazione invece è completamente negativa per la sede di Via Grazia Deledda dove sono rimasti “abbandonati” gli studenti dei Corsi di Laurea di Professioni Sanitarie.
Le sedi che offrono più servizi sono quelle della II Facoltà di Ingegneria e della II Facoltà di Scienze MM.FF.NN, dotate di sale studio, biblioteche, laboratori e di una rete wifi – che sono sicuramente migliorabili (come i laboratori di Scienze Ambientali, oppure la non efficienza dei testi per gli studenti di Informatica e Comunicazione Digitale); tuttavia, rimangono delle cattedrali nel deserto, difficili da raggiungere con i mezzi pubblici, ed è normale che gli studenti, scoraggiati dal fatto di dover attendere almeno mezz’ora l’autobus e impiegare più di 45 minuti per raggiungere le Facoltà, decidano di recarsi a studiare alla Biblioteca “Acclavio”. 
Descritta quindi la reale ed oggettiva situazione in cui versano le sedi dei Corsi di Laurea e Facoltà di Taranto, rispondiamo a quanto detto ulteriormente dall’Assessore Ciocia, che afferma che “La biblioteca comunale è un centro di aggregazione a disposizione degli studenti ma non è nato per questo scopo. Gli universitari hanno infatti a loro disposizione luoghi ben attrezzati all’interno delle facoltà”.
Forse la Biblioteca Comunale “Acclavio” non sarà nata con lo scopo di essere un centro di aggregazione a disposizione degli studenti, ma di fatto nel tempo, per una serie di motivi, lo è diventato. Questo lo dimostra l’assidua frequenza, all’interno delle sue sale, di numerosi studenti medi e universitari. Essendo questo un dato di fatto, ci si aspetterebbe quindi che l’Amministrazione Comunale, oltre che confrontarsi con i giovani sui diversi temi che affliggono la città, cominciasse realmente a mettere in pratica delle azioni concrete per risollevare le sorti della struttura; perché se è vero che, da un lato, ci sono le sedi universitarie, i cui servizi possono essere utilizzati solo dagli studenti universitari, dall’altro c’è comunque l’assenza di spazi di studio e di aggregazione per la componente studentesca e, più in generale, per i giovani della città.
La nostra visione in merito alla problematica è piuttosto semplice. Di certo la Biblioteca “Acclavio” non può e non deve esistere per sopperire alle “mancanze” delle strutture universitarie tarantine, ma deve avere un ruolo più ampio, dovrebbe cioè essere un punto di aggregazione per i giovani come avviene in tutte le città d’Italia. Questa è l’esigenza sentita dagli studenti tarantini – medi e universitari – che la frequentano ogni giorno, ed è compito dell’Amministrazione Comunale dare risposta e soddisfare tale esigenza, anche se la destinazione d’uso pensata per quella struttura non è propriamente questa. Tra l’altro, è stato sottolineato che la struttura è stata pensata soprattutto per fare ricerca. La domanda che rivolgiamo però è “su cosa?”, dal momento che la Biblioteca è sfornita di testi utili, mentre quelli presenti sono piuttosto datati? Per fare giusto due esempi, che ci sono stati riferiti da alcuni studenti, il Codice Civile più aggiornato risale al 1989 e non è presente neanche un testo di in italiano di “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carrol.
Inoltre l’emeroteca è aperta solo di mattina, quindi per chi lavora tutti i giorni nelle ore mattutine risulta anche difficile poter fare ricerche. Bisogna considerare poi un altro aspetto importante: avere una Biblioteca Comunale efficiente e con degli orari di apertura più vicini alle esigenze degli studenti universitari – che, ricordiamo, dopo le 18.30 (orario di chiusura delle sedi universitarie e della biblioteca) non sanno dove andare a studiare – è uno degli aspetti che potrebbe far diventare Taranto una vera e propria “Città Universitaria”. Perché per “attirare” gli studenti dalle regioni vicine, o semplicemente far sì che i giovani tarantini decidano di iscriversi in una delle Facoltà o Corso di Laurea del Polo Universitario Jonico, invece che migrare altrove, non basta creare dei corsi di laurea di qualità, ma bisogna anche creare una serie di servizi che rendano la città a misura di studente universitario e lo valorizzino.
 
Articolo per Siderlandia.it

lunedì 5 marzo 2012

Ma la biblioteca “Acclavio” è realmente uno spazio utile per gli studenti di Taranto? (Siderlandia n.32)

Può una città pensare di avere uno sviluppo culturale con una sola biblioteca - che peraltro non funziona nel migliore dei modi? La vicenda della biblioteca Acclavio è emblematico del modo di considerare la cultura a Taranto.

di Remo Pezzuto e Mara Pavone

Taranto, che fu capitale della Magna Grecia e culla della civiltà del Mediterraneo, sembra oggi aver perso completamente il suo carattere culturale, motore di sviluppo dell’intera città. Non possiamo dare la colpa solo alla presenza ingombrante della grande industria, che con i suoi fumi sembra aver offuscato le menti della popolazione; oppure alla militarizzazione del territorio, che ha privato la città di spazi e luoghi. Anche l’interesse delle ultime amministrazioni comunali verso questo tema sembra essere stato alquanto scarso. La mancanza di spazi di aggregazione per le studentesse e gli studenti nella città di Taranto è lampante. Possibile che l’unica biblioteca pubblica in città sia la biblioteca “Acclavio”? Unico spazio dove gli studenti, tarantini e non, possono recarsi per studiare. E’ possibile che questo spazio, essendo anche il solo, manchi dei servizi minimi essenziali?
Ogni giorno decine e decine di ragazzi frequentano “l’acquario” della biblioteca, per preparare gli esami, per ripetere per il compito in classe del giorno dopo, oppure più semplicemente per incontrarsi e collettivizzare il loro studio. Eppure, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un progressivo declino dei servizi offerti, e a volte anche al disinteresse da parte dell’amministrazione comunale nei confronti dei numerosi problemi della struttura. Ultimamente, a causa del malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento, gli studenti hanno dovuto patire il freddo per parecchio tempo, prima che venisse presa finalmente la decisione di riparare l’impianto. Il disagio causato dalla chiusura della struttura non si sarebbe avvertito se la biblioteca “Acclavio” non fosse stato l’unico spazio di aggregazione e di studio della città. Anche perché va a sopperire a tutte le carenze delle biblioteche delle Facoltà del Polo Universitario Jonico e delle scuole delle città di Taranto.
Proprio per questo motivo, l’orario di apertura della struttura è a dir poco limitativo, visto che la biblioteca comunale è chiusa per l’intera giornata il sabato – stesso giorno di chiusura delle sedi universitarie –, mentre il lunedì è aperta solo sino ad ora di pranzo e il resto della settimana è aperta dalle 8.30 alle 18.30. Che utilità possono avere questi orari, quando le strutture universitarie aprono e chiudono contemporaneamente? Questo significa che, nel momento in cui le Facoltà chiudono, gli studenti universitari non hanno più un luogo dove poter studiare. Bisognerebbe garantire invece un apertura della biblioteca, ogni giorno, fino a sera, magari attraverso l’ausilio della figura degli studenti part-time, così come accade nelle altre città universitarie.
Ulteriore anomalia è poi la carenza di testi della biblioteca. Non è possibile che chi debba redigere una tesi di laurea o una ricerca di studio, considerando che anche le biblioteche di Facoltà mancano del materiale utile, debba essere costretto a migrare nelle città più vicine, spesso Bari o Lecce, alla ricerca di testi. Tempo fa era possibile fare delle ricerche on line grazie ad un servizio di internet-point gratuito fruibile in sala computer, che però è stato poi disattivato. Per sopperire a questa mancanza qualche anno fa è stata fatta una richiesta di installazione di una rete wi-fi per permettere agli studenti di poter accedere alla rete dal proprio pc, però questo servizio, nonostante sia stato attivato, non funziona come dovrebbe.
Abbiamo sempre sottolineato all’amministrazione comunale l’esigenza di aprire delle sale lettura, oltre la biblioteca comunale, in città. Gli spazi a disposizione degli studenti dovrebbero essere intesi non solo come dei centri di aggregazione, ma anche come poli per lo sviluppo di una coscienza e cultura studentesca che purtroppo ancora a Taranto non c’è e che dovrebbe essere alimentata, piuttosto che tenuta ai margini. E’ inaccettabile che quello che è definito come il “Palazzo della Cultura” della Città di Taranto versi in queste condizioni: orari di apertura non conformi alle esigenze degli studenti, mancanza di testi, riviste e rete wireless che non funziona costantemente. Se vogliamo far crescere questa città culturalmente, dobbiamo assolutamente puntare su questi centri del sapere. Auspichiamo quindi che l’amministrazione comunale metta in atto una serie di interventi per far si che la biblioteca possa offrire tutti quei servizi basilari indispensabili per le studentesse e gli studenti.

venerdì 20 gennaio 2012

Diritto allo studio: un punto di non ritorno? (Siderlandia n.25)

Continua a Torino la mobilitazione contro i selvaggi tagli al diritto allo studio imposti dalla Regione. Ma quello che accade in piemonte è soltanto un'anticipazione di quello che potrebbe a breve avvenire in tutta Italia. Se studiare diventa un lusso che fine fa il nostro paese?

di Mara Pavone e Remo Pezzuto
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
Così recita l’art. 34 della Costituzione Italiana. Sembra che l’intento dei padri costituenti di voler porre sullo stesso piano i giovani meritevoli del nostro paese, a prescindere dalla loro capacità economica, venga disatteso giorno per giorno, attraverso tagli indiscriminati a questo importante istituto e tentativi di sostituire le borse di studio con i prestiti d’onore e altri mezzi a “costo zero” per lo Stato, ma che hanno un costo altissimo per la collettività.
Ed è così che in Piemonte, regione virtuosa che, fino allo scorso anno, aveva una copertura di borse di studio pari al 100% dei richiedenti, da quest’anno escluderà circa 8000 studenti (il 70% degli aventi diritto) dall’esser beneficiari di ciò che gli spetta per “reddito e merito”, mentre i “vincitori” ad oggi non hanno ancora ricevuto alcun versamento in quanto l’EDISU non dispone di alcun fondo per erogare le borse, a parte qualche milione per il funzionamento delle strutture. Dal 10 gennaio è stata infatti dichiarata l’impossibilità di approvare il bilancio, di erogare le borse di studio e l’ente di fatto è stato commissariato e verrà gestito per via eccezionale (cioè pagando tutte le spese) approvando il bilancio del mese ogni 30 giorni.
La figura dello studente “idoneo non vincitore” è una anomalia tutta italiana e tra gli 8000 studenti idonei non beneficiari di Torino, ci sono anche Amna e Khaled, due fratelli di 19 e 21 anni arrivati a Torino a settembre per studiare nel Politecnico, retto fino a poco tempo fa dall’attuale Ministro dell’Istruzione Profumo. Loro padre ha una pensione di 450 euro al mese e sei figli da mantenere e non ha quindi la possibilità di sostenere le spese per i loro studi. Risultati idonei al concorso di borse di studio, in attesa dell’uscita delle graduatorie hanno chiesto un posto in una foresteria a pagamento, in modo tale da poter saldare il conto con la prima rata della borsa e poter ottenere un posto alloggio gratuito. Purtroppo le cose sono andate diversamente, poiché a causa dei tagli operati dall’EDISU i due fratelli non hanno avuto ciò che gli spettava di diritto e la polizia ha bussato alla loro porta presso la residenza in via Borsellino, cacciandoli. L’ente per il diritto allo studio ha offerto loro un posto in una residenza a Vercelli, ma non hanno i soldi necessari per pagarsi il biglietto del treno ogni giorno, visti i tagli ai trasporti pubblici e l’aumento sproporzionato del loro costo. La loro situazione forse sarà la situazione di tanti altri, nonostante L’EDISU prima delle vacanze di Natale abbia operato una variazione di bilancio che ha permesso di reintegrare 3000 degli idonei non vincitori, ma la situazione rimane comunque critica.
In seguito a questo episodio si è inasprita ancora di più la protesta degli studenti torinesi contro i tagli del diritto allo studio nel Piemonte; costoro, dopo un’assemblea a Palazzo Nuovo, si sono diretti verso la casa dello studente di Via Verdi 15, da tempo in stato di abbandono perché mancano i fondi per ristrutturarla , occupandola. Un’ analoga situazione si è verificata a Catania ad inizio mese dove due stabili acquistati e ristrutturati dall’Università, che sarebbero dovuti diventare delle residenze universitarie, mai aperti e abbandonati per otto anni, sono stati occupati dal Collettivo Aleph. In una situazione di crisi mondiale, ci si aspetterebbe da parte delle istituzioni un’attenzione maggiore, un maggiore investimento verso il diritto allo studio, l’università, verso le classi giovanili, uno sforzo per poter risolvere la situazione. Rimaniamo quindi basiti nel leggere le dichiarazioni di Elena Maccanti (Assessore regionale della Lega Nord) secondo la quale le borse di studio “sono soldi sprecati che la Regione toglie ad anziani e a malati, non è pensabile che in questi tempi di economie la Regione stanzi altri fondi sul diritto allo studio universitario”, o quelle del presidente dell’EDISU di Torino che ha bollato l’occupazione di quella residenza abbandonata come un “atto di violenza”. Da questo tipo di dichiarazioni, e in genere da tutte le scelte operate soprattutto negli ultimi anni (queste situazioni sono infatti figlie dei tagli al DSU operato dall’ex ministro Gelmini e Tremonti) emerge un quadro ben chiaro: nel nostro paese, da Torino a Catania, è in atto uno smantellamento del diritto allo studio, visto ormai come un retaggio del passato da eliminare per sempre. In Italia sono in atto una serie di operazioni da parte di politici militanti in vari schieramenti (da Valditara a Ichino per fare qualche esempio) che mirano a trasformare il diritto allo studio in un sistema che mette i capaci e meritevoli privi di mezzi nella condizione di doversi indebitare per pagarsi gli studi. Questo è molto pericoloso se si pensa che un sistema del genere negli USA ha provocato un forte indebitamento delle famiglie americane che non riescono più a poter garantire ai propri figli (che magari cercano anche un lavoro per pagarsi in parte gli studi) la possibilità di laurearsi, per non parlare poi del calo di immatricolazioni registrato in Gran Bretagna (circa l’8%). Emerge poi un’altra questione: le istituzioni, che dovrebbero essere il nostro interlocutore, non solo non sono in grado di comprendere le nostre esigenze: si rifiutano anche di avere un qualsiasi dialogo con noi. I ragazzi che hanno occupato la casa dello studente a Torino e sono stati accusati di aver compiuto un “atto di violenza”, così come gli studenti catenesi, in realtà hanno creato un laboratorio politico, parlano e si confrontano sulle problematiche e pensano alle possibile alternative per uscire da questa situazione. Siamo arrivati al punto che per essere presi in considerazione dobbiamo scendere in piazza o occupare qualche luogo, perché è l’unico modo che abbiamo per farci ascoltare. E’ questa l’anomalia. Il sistema del diritto allo studio in Italia non va, presenta una serie di problemi, dalla mancanza di fondi ai mancati controlli sulle false dichiarazioni ISEEU. Noi come studenti abbiamo sempre contestato questo sistema e proposto l’alternativa, ma nessuno ha mai cercato di capire le nostre proposte; piuttosto si pensa a favorire il sistema dei prestiti d’onore, incoraggiando un sistema in cui potranno studiare solo coloro che hanno la possibilità di pagarsi gli studi, alla faccia del principio di uguaglianza sostanziale della Costituzione. Ci viene detto che c’è la crisi, che i sacrifici dobbiamo farli tutti. Dalle parole del discorso di fine anno del capo dello Stato si evince, invece, che si deve investire nei giovani. Quello che è successo a Torino invece dimostra che i sacrifici li stiamo facendo solo noi e li stiamo facendo per far si che banchieri, politici e ogni altro parassita di questa società possa continuare a vivere agiatamente. La domanda è: cosa ne sarà di un paese che non investe nei propri giovani e che sta distruggendo le speranze e il futuro di una intera generazione?

Articolo per SIDERLANDIA.IT