mercoledì 26 novembre 2014

Reclutamento degli insegnanti: dal TFA alle Magistrali Abilitanti

Con il Decreto Ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010 l’ex Ministro Gelmini ha eliminato le vecchie Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario (SISS) ed introdotto un nuovo strumento per acquisire l’abilitazione all’insegnamento: il TFA (Tirocinio Formativo Attivo).
Il TFA non è altro che un corso di formazione universitario a numero chiuso di 1500 ore totali (60 CFU) di cui 475 ore (19 CFU) fanno parte del tirocinio vero e proprio all’interno delle scuole, possono accedervi solo coloro in possesso della laurea specialistica/magistrale.
Questo metodo di “formazione” degli insegnanti ha dei grossi limiti. Il primo è quello che riguarda la didattica: se si dà uno sguardo ai programmi dei corsi previsti per ogni classe di insegnamento (qui ad esempio ci sono quelli dell’UNIBA relativi al TFA 2011/2012) si può notare che, escludendo gli esami di pedagogia ed i relativi laboratori, la restante parte dei corsi consiste in una breve ripetizione di ciò che è stato studiato durante il proprio percorso universitario, cosa di cui si potrebbe fare sicuramente a meno, per dare più spazio al tirocinio presso gli istituti scolastici – il quale rappresenta una parte davvero esigua del percorso del TFA, solo il 30% delle ore totali.
Un altro grosso problema del TFA è il costo elevato: le quote di iscrizione fissate dai vari Atenei variano dalle 100€ alle 150€, mentre il costo del corso varia dai 2500€ ai 3000€. Va poi precisato che per accedere alle varie classi di concorso è necessario possedere un numero preciso di CFU in determinati settori scientifici disciplinari (SSD) e, nel caso in cui durante il proprio percorso universitario non siano stati acquisiti, per poter partecipare alle selezioni per il TFA bisognerebbe iscriversi ai corsi singoli. Questi hanno dei costi non indifferenti, basti pensare che l’UNIBA, nell’approvazione del nuovo piano di rientro, ha aggiunto al contributo fisso di 350€ (già esistente) per i corsi un supplemento di 50€ per ogni credito formativo riferito al singolo insegnamento.
Questi costi devono essere sostenuti per intero indipendentemente dalla condizione di reddito, a differenza dei normali corsi di laurea infatti la tassazione non è proporzionata all’ISEEU e inoltre non sono previste borse di studio/posti alloggio; quindi, oltre a pagarsi il TFA, bisogna affrontare interamente anche le spese per di alloggio o del viaggio per frequentare i corsi. In poche parole possono acquisire l’abilitazione all’insegnamento solo coloro che “se lo possono permettere”.

Il Governo Renzi ha intenzione di cambiare il sistema di abilitazione degli insegnanti, attivando le c.d. “magistrali abilitanti”. Si tratta di corsi di laurea biennali (comprensivi di tirocinio nelle scuole) ai quali si può accedere dopo aver conseguito la laurea triennale, ovviamente a numero chiuso – il Ministero stabilirà i posti disponibili a seconda delle necessità di reclutamento. A pagina 41 del testo sulla “Buona Scuola” di Renzi si legge che «nel corso del biennio di specializzazione, seguirà corsi di didattica e pedagogia, e in generale materie mirate sul lavoro di formazione e crescita dei ragazzi. Chiaramente specifici bienni specialistici potranno funzionare anche per materie affini, evitando di doverne istituire uno diverso corrispondente con rapporto 1:1 a ogni diverso tipo di laurea oggi esistente».
In questo modo verrebbe superato il problema dei costi, perché trattandosi di corsi di laurea gli studenti avrebbero tutti i benefici economici del caso, ma a quale prezzo?

martedì 4 novembre 2014

L’università secondo Renzi: meno fondi e più precarietà

Qualche giorno fa il Ministro Stefania Giannini ha presenziato all’inaugurazione del Polo Scientifico Tecnologico Magna Grecia, in quell’occasione una giornalista ha posto la questione dei tagli operati sulla Cultura ed il Ministro ha risposto che quei tagli appartengono a “stagioni passate” quasi a voler scrollarsi di dosso ogni responsabilità (forse si è dimenticata che parte di quei tagli sono frutto della politica dell’ex Presidente del Consiglio Monti, il quale fondò “Scelta Civica” – partito col quale il Ministro è stata eletta e di cui attualmente fa parte), aggiungendo che gli studenti dovrebbero “guardare la legge di stabilità e capirne il senso ed il valore”, perché quella legge permette l’assunzione di 1500 ricercatori e la “stabilizzazione dei fondi per l’Università con 150 milioni di euro”.
Gli studenti del Polo Jonico che hanno assistito alla cerimonia inaugurale evidentemente hanno creduto a quelle parole, considerando l’aria festosa, le foto, i sorrisi e le chiacchierate amichevoli col Ministro; altri invece fortunatamente hanno analizzato la legge di stabilità ed il quadro che ne esce fuori non è esattamente così roseo come lo dipinge il Ministro.
Su “Roars” c’è un interessante articolo che cita testualmente gli articoli della legge di stabilità riguardanti i finanziamenti all’Università e ne spiega le conseguenze. Quando il Ministro dice che il Governo Renzi stanzia 150 milioni di euro annui non mente. Il problema è che quello stanziamento copre solo in parte i 170 milioni di taglio previsti da Tremonti (quindi rimane una differenza negativa di 20 milioni di euro – la matematica non è un’opinione); quello che il Ministro non dice è che la Legge di Stabilità prevede un taglio al Fondo di Finanziamento Ordinario di 34 milioni per il 2015 e di 32 milioni per ogni anno dal 2016 al 2022 “in considerazione di una razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi da effettuarsi a cura delle università”!
Va fatta poi una precisazione: i 150 milioni “stanziati” dal Governo riguardano solo la “quota premiale”, ovvero quella parte dei fondi destinata agli “atenei virtuosi” – quelli che secondo l’ANVUR conseguono i migliori risultati in termini di: qualità dell’offerta formativa, della ricerca, e della efficienza/efficacia delle sedi didattiche. Dunque i famosi 150 milioni di euro in più andranno agli Atenei che non hanno particolari difficoltà, mentre i tagli riguarderanno tutti gli Atenei (anche quelli attualmente in deficit e quindi non “virtuosi”).
Una boccata d’ossigeno arriva dai fondi precedentemente stanziati per la creazione del Polo Universitario di Erzelli e dirottati sul FFO dalla Legge di Stabilità (pari a 5 milioni di euro all’anno per gli anni 2016-2022) e dai “fondi della gestione stralcio del Fondo speciale per la ricerca applicata” pari a 140 milioni di euro i quali, se venissero utilizzati in due anni come ipotizzato su Roars, porterebbero ad un “finanziamento” dell’Università solo per il 2015 e per un importo abbastanza esiguo (16 milioni di euro): dal 2016 in poi si registrerebbe comunque un decremento del Fondo di Finanziamento Ordinario fino ad arrivare ad un taglio totale di 1431 milioni di euro (distribuito negli anni 2015 – 2023), con una media di 159 milioni di euro all’anno. Nel 2023 si prevede un taglio di 278 milioni di euro, che è ben maggiore dei 170 previsti da Tremonti.
A questo vanno aggiunti altri tagli denunciati dagli studenti di LINK: i 150 milioni di euro tagliati al Diritto allo Studio per finanziare gli 80€ da in busta paga (si rischia di erogare 46 mila borse di studio in meno), 42 milioni in meno per il Fondo Ordinario Enti di Ricerca Applicata.  Va detto poi che i nuovi criteri di riparto dei fondi penalizzano ulteriormente gli Atenei già in difficoltà.