di Mara Pavone
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un profondo cambiamento dell’assetto universitario italiano, a causa dei tagli imposti dagli ultimi due governi e dalla Riforma Gelmini.
Abbiamo sempre cercato di porre l’attenzione sulla questione
coinvolgendo gli studenti del Polo Jonico e le istituzioni nelle
proteste degli ultimi anni, avanzando delle proposte di miglioramento
dell’offerta formativa e denunciando quali sarebbero state le
conseguenze inevitabili per il Polo Jonico, la prima fra tutte la
chiusura di molti corsi di laurea.
Qualche anno fa qualcuno ci ha accusato
di essere degli allarmisti, alcuni affermavano che tutti quei
provvedimenti non avrebbero leso il Polo Jonico, ora però bisogna fare i
conti con la realtà.
Il risultato è che l’offerta formativa del Polo Jonico è stata ridotta all’osso,
e con il nuovo decreto sull’accreditamento dei corsi di laurea si
prospettano altri cambiamenti; per fare un esempio nell’ultimo consiglio
dei Dipartimento Jonico (dipartimento nato dalla “fusione” delle ex
facoltà autonome di economia e giurisprudenza) è stata decisa la
chiusura del corso di laurea triennale in operatore dei servizi
giuridici (mantenendo solo il ciclo unico in Giurisprudenza).
In questo scenario, la facoltà che meglio ha “resistito” ai cambiamenti in questi anni è stata quella di Ingegneria,
l’offerta formativa attuale prevede infatti tre corsi di laurea
triennali e le relative lauree specialistiche (in tutto quindi sei corsi
di laurea), ora però le cose sono cambiate. Il “Centro Interdipartimentale Magna Grecia” - che, in virtù dei cambiamenti imposti dalla Riforma Gelmini, sostituisce la ex Facoltà di Ingegneria di Taranto – a
causa dei criteri imposti dal Decreto sull’Accreditamento dei corsi di
laurea, non è in grado di garantire l’offerta formativa attuale. Ne consegue che il Senato Accademico che si riunirà tra qualche giorno dovrà decidere sulla chiusura di alcuni corsi di laurea del Politecnico presenti su Taranto.
La notizia ha subito messo in allarme le associazioni universitarie del Politecnico, le quali hanno organizzato un’assemblea pubblica svolta venerdì 22 presso la sede di Ingegneria,
alla quale sono stati invitati il Rettore del Politecnico, il direttore
del Centro Interdipartimentale Magna Grecia, istituzioni, docenti,
studenti, sindacati, l’Arcivescovo e tutta la cittadinanza.
La cosa che mi ha stupito (in positivo) di questa assemblea è stata la partecipazione.
In ormai 3 anni di politica universitaria con Link Taranto non ho mai
visto così tanta partecipazione da parte degli studenti universitari ad
una assemblea, e non è solo questo, c’è la necessità diffusa di
mobilitarsi per trovare un rimedio a questa situazione.
Il Rettore del Politecnico di Bari, Nicola Costantino, e il direttore del Centro Interdipartimentale Magna Grecia, Gregorio Andria, hanno illustrato la storia del Politecnico di Taranto e il suo graduale sviluppo.
Si contano 1400 laureati in 15 anni, un grande successo occupazionale
(il 90% dei laureati in ingegneria a Taranto ha un’occupazione – sia a
Taranto che in altre parti d’Italia) e una costante collaborazione con
le istituzioni.
Sono state poi elencate le cause che hanno portato al rischio di chiusura: i tagli ai fondi, il blocco del turnover, la Riforma Gelmini e – per ultimo – il decreto che regola l’accreditamento dei corsi di laurea.
Secondo questo decreto ogni corso di laurea può essere attivato se c’è un determinato numero di docenti che ne fanno da garante,
significa che per avere più corsi di laurea si deve disporre di un
grande numero di docenti e se questa condizione non c’è, i corsi devono
chiudere. Il problema è che avere i docenti necessari è problematico, in quanto con il blocco del turnover (vengono assunti meno docenti di quelli che vanno in pensione), il corpo docente è gradualmente diminuito negli anni.
Il decreto pone anche un limite alle ore di didattica erogate dai
docenti, significa che se vengono erogate più ore rispetto a quelle
previste si deve tagliare sui corsi di laurea.
Usando le parole del Direttore Andria «a
causa dei criteri di questo decreto, ciò che prima veniva considerato
un buon “prodotto” (cioè un buon corso di laurea), oggi viene visto con
un “prodotto” scarso».
Secondo Costantino una soluzione
potrebbe arrivare dalle Istituzioni locali, il decreto prevede infatti
che possano entrare nel corpo docente ricercatori a tempo determinato
finanziati da un ente esterno.
Gli studenti hanno sottolineato l’importanza del Politecnico in un territorio come il nostro, avere dei giovani con una formazione d’eccellenza è una risorsa enorme per Taranto, solo
attraverso la Conoscenza possono essere formate delle alternative
economiche alla monocultura dell’acciaio, e si può lavorare per una
conversione ecologica dell’industria.
Hanno poi posto l’attenzione su una
questione molto importante: la sede di Taranto è stata considerata
sempre una sede di serie B da parte di alcuni docenti, i quali non hanno
mai creduto nello sviluppo del Polo Jonico, e lo hanno usato solo come
“mezzo” per poter far carriera – cosa che non avrebbero potuto fare
nelle sedi di Bari; ed ora, con la fase di “transizione” dalle facoltà
ai dipartimenti, appena hanno avuto l’occasione di tornare a Bari
l’hanno fatto, lasciando la sede di Taranto senza i docenti necessari
per mantenere l’attuale offerta formativa.
Vi sono stati anche gli interventi di
varie istituzioni (Regione, Provincia), Confindustria, Ordine degli
Ingegneri, l’Arcivescovo Santoro, rappresentanti politici e sindacali.
Grande assente il Sindaco di Taranto Stefàno,
il quale evidentemente nell’ultimo periodo non sembra molto sensibile
alle questioni universitarie. Lo denota il fatto che dal 9 gennaio ad
oggi, ancora non abbiamo avuto risposta sulla questione delle borse di
studio non pagate dal Comune di Taranto e per le quali avevamo chiesto
un incontro, e ovviamente l’imperdonabile assenza di oggi – che in caso
di impegni istituzionali ci sta pure, ma in sostanza non c’è stato nessuno che ha parlato per conto del Comune di Taranto sulla questione della chiusura del Politecnico.
Oggi abbiamo assistito ad una notevole “sfilata” di politici
(miracoli della campagna elettorale!), tutti concordi sulla necessità
di avere i corsi di laurea del Politecnico, sul fatto che la chiusura
sarebbe un delitto ecc…
Cioè che non è stato detto però, né da politici e né da istituzioni, è che se oggi siamo arrivati a questa situazione non è solo colpa dei tagli e delle riforme, la verità è che le istituzioni locali in questi anni non hanno fatto la loro parte.
Non basta finanziare la ristrutturazione
di qualche sede, le istituzioni locali devono dialogare e vigilare
costantemente su ciò che l’Università offre al proprio territorio, oltre
che ovviamente creare una serie di servizi per fare di Taranto una
città su misura di studente (es. migliorare il servizio di trasposto
pubblico, le condizioni della biblioteca comunale, aprire delle sale
lettura, fare le piste ciclabili) – questo perché un potenziale studente
universitario oltre a valutare l’offerta formativa valuta anche tutti i
servizi che gli vengono offerti.
A Taranto è mancata una vera e propria politica universitaria, a tutti i livelli istituzionali (regione, provincia, comune).
Si è permesso infatti ad Università e Politecnico di creare su Taranto
dei corsi di laurea fotocopia di quelli presenti a Bari o Lecce, di
fatto uno studente avendo la medesima offerta formativa in sedi diverse
sceglie quella dove ci sono più servizi, ed a Taranto spesso rimangono
solo coloro che non hanno la possibilità di studiare fuori.
A Taranto dovrebbero essere creati dei corsi di laurea specifici,
legati al territorio, ma che creino figure professionali riconosciute
su tutto il livello nazionale. Ad esempio parlando di ingegneria, se c’è
un corso di laurea specifico sulla eco-compatibilità dei processi
industriali, di sicuro un laureato nel settore sarebbe una risorsa per
il nostro territorio, ma lo sarebbe anche in altri territori con
problemi simili.
Differenziando l’offerta formativa si potrebbero portare a Taranto tutti gli studenti della provincia o delle regioni vicine che oggi scelgono Bari o Lecce.
Avere più studenti fuori sede o pendolari significherebbe non solo un
maggiore investimento da parte degli enti (ad es. l’ADISU non stanzia
fondi per la costruzione di una casa dello studente perché i fuori sede
sono pochi) ma anche un modo per risollevare l’economia di questa città,
perché gli studenti fuori sede per vivere a Taranto spenderebbero i
loro soldi qui.
In una situazione di questo tipo ci
sarebbe uno sviluppo maggiore del Polo Jonico: più iscritti, più
necessità di docenti, più fondi. Ricercatori e professori sarebbero
anche più propensi a rimanere qui anziché scappare a Bari alla prima
occasione.
Un progetto che va in questa direzione è
quello della “Federazione degli Atenei”, federandosi gli Atenei
concorderebbero l’offerta formativa in ambito regionale, evitando quindi
di avere il medesimo corso di laurea in 5 città una a 100 km dall’altra
e potendo quindi ampliare le tipologie di corsi di laurea.
Tutti i rappresentanti della
politica e delle istituzioni che hanno parlato oggi sono gli stessi che
in questi anni non hanno saputo imporsi per cercare di sviluppare il
Polo Universitario Jonico.
Bisogna ricordare poi che la Riforma
Gelmini non è stata così tanto contrastata dall’opposizione di governo, e
che una parte degli effetti negativi senza i decreti attuativi della
riforma si sarebbero potuti evitare. Questi decreti attuativi li sta
emanando l’attuale Ministro Profumo, Ministro di un Governo Tecnico che
fino ad oggi ha avuto la maggioranza parlamentare grazie anche al
sostegno di alcuni di quei partiti che hanno criticato la Riforma
Gelmini.
Articolo per Siderlandia.it
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